Paolo Annoni, il farmacista che colleziona cavatappi- Corriere.it

2022-10-22 19:22:28 By : Ms. Xueliang Guo

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Ne possiede 1.400 e provengono da tutto il mondo. Nel 2006 ha deciso di inaugurare a Barolo il «Museo del Cavatappi»

È un’azione semplice ma, come un gioco di prestigio, riesce sempre ad attirare l’attenzione dei presenti. Si rimuove il sigillo di stagnola, si affonda la punta del cavatappi nel centro del sughero, un piccolo sforzo e «pop», il tappo fuoriesce. Protagonista dell’operazione è un semplice oggetto di uso comune, il cavatappi, che può vantare una lunga e appassionante storia alle sue spalle. Ai cavatappi Paolo Annoni, un farmacista torinese, ha dedicato la vita . Dopo la laurea in Farmacia, Annoni si trasferisce a Carrù, la patria del Bue Grasso dove apre una farmacia. La passione per il cibo e per il buon vino la eredita dal nonno, cuoco di alcune ambasciate in Europa. La svolta però avviene nel 1987 quando riceve in regalo da un amico il suo primo cavatappi antico, un affascinante esemplare francese brevettato nel 1880. Quell’oggetto semplice, che permette di svolgere un’azione complessa, attira il suo interesse e così inizia a documentarsi. Ricostruisce la storia del cavatappi e si mette alla ricerca di altri esemplari rari. Mercatino dopo mercatino la sua collezione inizia ad arricchirsi, poi il contatto con altri collezionisti e infine gli antiquari specializzati e le aste di Christie’s e Sotheby’s. Così facendo la sua collezione arriva alla considerevole cifra di 1.400 esemplari, provenienti da tutto il mondo. Nel 2006 Annoni decide di togliersi il camice bianco da farmacista e di inaugurar e a Barolo il Museo del Cavatappi, nei locali di un’antica cantina accanto al Castello Comunale. Un’esposizione che riceve fin da subito un grande successo e che nel 2019, prima della pandemia, ha potuto contare 13mila ingressi, principalmente di turisti stranieri.

Ma quando è nato il cavatappi? Non è facile rispondere a questa domanda , quello che si sa è che a brevettarlo per primo fu il reverendo inglese Samuel Henshall nel 1795 ma esistono sicuramente esemplari precedenti. L’oggetto che sembra aver ispirato il cavatappi è il cavapallottole, un ferro dalla punta attorcigliata che serviva ad estrarre il proiettile, non utilizzato, dalla canna del fucile. I vecchi apribottiglie documentano anche antiche usanze ormai scomparse, come i minicavatappi che nel Settecento venivano utilizzati dalle nobildonne per aprire delle bottigliette mignon contenenti profumo. Un cavatappi antico può avere un grande valore economico, per il materiale prezioso con cui è stato realizzato (oro, argento, avorio) o perché di quel modello ne esistono solo pochi esemplari al mondo. Il cavatappi più caro è stato venduto a un’asta al prezzo di 62mila euro.

Nel museo non mancano naturalmente le curiosità , come un bastone da passeggio inglese di fine Ottocento con il manico svitabile che cela un cavaturaccioli, pronto per l’uso in caso di incontro con gli amici. O i cavatappi-caricatura del senatore americano Andrew Volstead, ideatore nel 1919 della legge contro il consumo di bevande alcoliche. La caratteristica di questi aggeggi ironici è quella di avere la punta attorcigliata nascosta così, in caso di controllo, potevano sembrare delle semplici statuine. Nel corso della storia non è certamente mancata la fantasia agli artigiani che hanno realizzato gli apribottiglie. Ci sono infatti i cavatappi figurativi, molto ricercati dai collezionisti, dove persone, animali e oggetti vari divengono l’impugnatura dell’attrezzo. Una gara di creatività, alla ricerca di figure sempre più originali. Come quelli realizzati negli anni Cinquanta dal designer italiano Carlo Gemelli, che raffigurano un clown, due ragazze e un cameriere. In tutti i modelli, la bocca serve per rimuovere il tappo a corona.

C’è poi la serie di cavatappi erotici che rappresentano spesso delle figure ermafrodite . Altri cavatappi raccontano di mondi scomparsi, come un multiuso tedesco che raggruppa in un unico oggetto: la chiave per aprire la carrozza, un aggeggio per pulire la pipa, un attrezzo per tirare il laccio degli stivali e, naturalmente, il ferro apribottiglie. Nel Novecento, con il progressivo affermarsi dell’industrializzazione, il cavatappi diviene anche un veicolo pubblicitario. I modelli utilizzati dai camerieri vengono arricchiti con delle scritte in modo che il nome da pubblicizzare sia sempre sotto gli occhi del cliente. La storia del cavatappi non è certamente terminata, la ricerca continua con nuovi materiali e nuove tecnologie che permettono di fare sempre meno fatica nell’estrazione del tappo. Tra le nuove invenzioni c’è un apparecchio che consente di prelevare il vino senza rimuovere il tappo. L’aggeggio permette di estrarre un solo calice senza aprire la bottiglia e, grazie all’aggiunta dell’azoto, conserva perfettamente anche il vino restante.

Ogni singolo cavatappi ha una sua storia e una sua biografia . Racconta Paolo Annoni: «Per me è affascinante pensare a chi ha utilizzato prima di te un cavatappi antico. Può essere stato un contadino o un personaggio importante. E poi mi piace immaginare che bottiglie può avere aperto, un vino da tavola o il Barolo più importante che esista».

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