Fenomenologia (semiseria) del Campionato Invernale

2022-10-22 19:16:52 By : Ms. Jack Sun

Finita l’estate, il regatante lo sa. E’ tempo di Campionati Invernali, in giro per le nostre coste: li seguiremo per voi, con vincitori, cronache e storie.

Ma per introdurvi l’argomento come si deve, abbiamo chiesto a Marco Cohen, produttore cinematografico e appassionato velista con il suo Mat 1010 Dajenu, di raccontare, con l’ironia che lo contraddistingue (conoscete già i suoi pezzi: quello della sindrome dell’armatore oppure come partecipare alle regate d’altura sapendo di perdere, la “fenomenologia dell’invernale”. Buona lettura!

Non A o B.  Uno dei principi fondativi del modo di ragionare del mondo occidentale. Così funziona il linguaggio dei computer, gli algoritmi dei telefonini e anche buona parte delle nostre convenzioni sociali che poi ci portano ad incontraci ad un’ora prestabilita in un posto prestabilito anche con altri esseri umani, suocere comprese.

Per intenderci: “Amore non ti preoccupare, se non piove domani vengo a fare una passeggiata con te”. Questa legge vale per tutto, tranne che per le adesioni alle regate dei campionati invernali quando, povero illuso, l’armatore il weekend prima della regata dell’invernale, inizia a preparare la lista dell’equipaggio attraverso la solita chat.

Ecco alcune risposte giuro, tutte vere: “tendenzialmente ci sarei” “se vengo ci sono” “mi piacerebbe molto “ “verrei al volo se potessi” “io ci sono quasi sicuro “ “io vengo se viene lui”

Arrivi quindi a stendere una lista della crew che oscilla come gli elettroni nella fisica quantistica e qua si apre, intorno alla metà della settimana quando le previsioni meteo anche in inverno (spoiler: guardate, caro equipaggio, che anche il vostro adorato armatore le guarda) diventano più affidabili, una diramazione opposta e estrema

sportivo… “ho il torneo di mio figlio” religioso…“mi sono dimenticato ho la comunione di mia figlia” all’estero… “devo andare a Lugano con mia moglie”

Tra una bestemmia e l’altra, inizi a ripensare e a ripassare a mente le possibili alternative  che se non le avevi già chiamate una ragione ci sarà…

Questo secondo giro di scouting confidenzialmente l’ho soprannominato “del gatto morto” perché se anche ti rispondesse positivamente un gatto morto, lo porteresti a bordo senza se e senza ma, visto il livello di disperazione.

Peraltro, anche abbassando le pretese, questo secondo giro ha una corrispondenza statistica di un sì ogni 100 chiamate effettuate entro le 12 ore prima della partenza che per esigenze veliche di tramontana di solito si assesta verso le 8 del mattino, massimo 8.30 con uscita dal porto chiaramente al buio.

E qua si celebrano due momenti tragici, che i frequentatori del mitico Campionato Invernale del Tigullio conoscono sicuramente bene:

Esci, incavolato come una bestia della serie ma chi me l’ha fatto fare e poi ti chiedi, dopo che, essendo in tre, sei tornato a prua per la prima volta dopo la Giraglia del 1988, ma come cazzo fanno ad attraversare l’Atlantico in due, quando un triangolo di un paio d’ore nel Tigullio ti ha distrutto in breve tempo.

E poi, spesso, come al solito, il miracolo. Guardi quelle nuvole nere che non saresti mai uscito dal letto se non fosse per la regata. A volte spunta anche il sole. E inizi a sorridere e a pensare quanto è bello il mare di inverno e a quei poveretti che sono rimasti in città rinchiusi nei loro appartamenti. Non hanno idea di che giornata si sono persi. Ti volti e vedi in banchina tutti che sorridono, forse anche il barista ligure quando ti vede ritornare.

Finisco con la classica top ten, ovviamente semiseria sulle…

A questo proposito vorrei chiudere con un racconto di un mio amico che aveva fatto il corso derive a Glenans ad agosto. Ore 6.30 sveglia, apre la finestra: tempo mostruoso, pioggia, trenta nodi persi già all’alba… imposta un pacifico sorriso, si rimette a letto dicendo almeno oggi uno stacco. RIPOSO. Lo svegliano poco dopo i francesi seccati al grido “è una bellissima giornata. Per andare a vela ci vuole il vento”.

Marco Cohen, produttore cinematografico e appassionato velista, si descrive così: “ Marco Cohen, Interista, filosofo, taglia 54 e nei momenti belli 56, produttore di film necessari per me e per la mia famiglia.  Ho riabbracciato la vela a 37 anni dopo l’ennesimo infortunio a calcio quando ho realizzato che è l’unico sport che si può fare da seduti e con un bicchiere in mano.

Fino a 25 anni risse famigliari su un J/24, Fiesta, col mio gemello Daniele e nostro padre Corrado, detto il vascello fantasma perché anche quando non ci vedevano, ci sentivano, poi di nuovo un J/24, un J/92 s e dal 2016 il mio amato Dajenu di Mark Mills. Mezzo veloce e di classe finito impropriamente nelle nostre mani, più adatte a prendere in mano l’apribottiglie che il timone”.

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Non so come descrivere….rido come uno scemo e mi immedesimo anche se come armatore mi basta obbligare figlio e padre. Vangelo….ma molto più divertente !

Esattamente la descrizione della realtà. Tanto che noi , autoctoni del Golfo dei Nesci lo chiamiamo “ L’INFERNALE DEL GOLFO DEL TIGULLIO “

Almeno Lui è arrivato qualche volta primo in boa di bolina…

Complimenti: Verità assoluta! Applicabile a qualsiasi attività del genere umano.

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